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Nella bottega di Kamal

E’ Kamal il negozio che quando entri ti succede qualcosa. Ed è praticamente una formula matematica. Non ho mai visto una costruzione dell’emozione tanto calcolata, un senso perfetto della scenografia, del buon gusto e del saper vendere. Le lampade sono tutte appese, e tutte accese, pronte per il visitatore, ma la classe è data dalla quantità e dall’ammassarle tutte una sull’altra, senza mai dare l’idea di disordine, ma anzi di opulenza e fascino. Per trovare la bottega di Kamal la strada é semplice e una sola. Si passa dalla Blu Door, la porta principale, e si imbocca l’arteria principale che scende lungo la Medina e taglia la città vecchia in due, poi si gira a destra e poi a sinistra e si continua a scendere finché non si arriva in una piazzetta con una Moschea. E’ da quelle parti, al limite chiedete.

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Dentro c’è Kamal, quasi sempre,  e quando ti vede fa sempre un sorriso enorme perché è sveglio come una volpe, e ti riconosce, e parla 4 o 5 lingue come tutti i grandi venditori. Lui non è proprio il capo. Il capo è più indietro. Un signore elegantissimo di cui non si può neanche fare il nome, sempre con la tunica, che dispone gli ordini e decide i prezzi e tiene molto a noi. Ha una classe incredibile. E ci colpì quando facemmo la nostra prima trattativa perché nel bel mezzo della discussione se ne andò, ci abbandonarono entrambi, lui e poco dopo anche Kamal, perché dovevano andare a pregare, nella Moschea.

Mi colpirono tante cose quel giorno ma la prima fu la fiducia con cui ci lasciarono da soli. Avremmo potuto rubare o andarcene e lasciare tutto sguarnito, anche perché tra l’altro stettero via parecchio. E invece l’unica cosa che facemmo fu quella splendida foto a Lorenzo, con dietro le lampade, come se fossimo noi i padroni.

La seconda fu la priorità che dettero alla preghiera. Eravamo nel mezzo di una trattativa importante, e non avevamo ancora concluso, e non credo che trattative così gli capitassero tutti i giorni, eppure mollarono tutto. Perché, comunque, il lavoro viene dopo. Dalle nostre parti non è nemmeno pensabile un’ipotesi del genere. Me lo immagino, me lo vedo benissimo, in Via Montenapoleone a Milano, mentre sei lì che compri, che di colpo ti dicono, mi scusi ma dobbiamo andare a messa.

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Così rimanemmo di stucco e dovemmo aspettare. Per forza. E in questo modo, senza volerlo, segnarono la differenza fra noi e loro. Non dico in meglio, ma comunque segnarono una differenza, e fecero un colpo da grandi venditori, perché alla fine quando tornarono comprammo tutto, e praticamente ai prezzi che volevano loro, perché non so se per il caldo o per la stanchezza, ma non mi ricordavo più quello che volevo dirgli.