Diario di viaggio

La tratta tra Fez e Marrakech



Tra Fez e Marrachech

Il viaggio più incredibile della mia vita avvenne in due giorni, e fu la volta che ci spostammo in treno da Fez a Marrakech per poi prendere l’aereo e portare le lampade a Basilea. Era il primo carico che facevamo e volevamo seguire le nostre bambine perché non ci fidavamo ad affidarle a un corriere. Era una questione di sentimento, puramente, squisitamente, una questione di sentimento. Solo che il viaggio in treno a differenza di quanto scritto sui computer e sul tabellone della stazione, durò otto ore. Otto ore e mezza ad essere precisi, cioè facemmo otto ore e mezza di viaggio in Marocco, con 3 scatoloni pesantissimi, e i nostri vestiti addosso.

Tutto bene, comunque, avevamo anche preso la prima classe, tutto bene almeno fino alla stazione di Rabat, perché lì Lorenzo guardò fuori dal finestrino e vide una folla oceanica ad aspettare il treno, tipo San Siro quando è pieno. E disse, con la schiena dritta e le gambe incrociate, non vorranno mica salire tutti qui, quei signori?

Si, Lorenzo, ho paura che vogliano salire tutti qui, risposi. O almeno quanti ce ne stanno.

E fu il delirio. Saltarono le distinzioni, le categorie, noi che avevamo preso la prima classe, non c’era più niente, prima classe, seconda, alcuni si erano seduti persino sulle nostre lampade. E il nostro scompartimento per due ore divenne Guernica di Picasso. Ma l’espressione della gente era tranquilla, a parte noi, per loro non era assolutamente la fine del mondo. Anche sul ritardo, l’atteggiamento era: tutto sommato poteva andare peggio, tutto sommato si poteva anche non arrivare.

Tra Fez e Marrachech

Poi a Marrakech facemmo i signori e ci facemmo portare le scatole dal portantino, fino all’albergo, giusto per l’emozione. E poi da Marrakech volammo a Basilea, e da Basilea in treno fino a Zurigo. E dalla stazione di Zurigo a casa di Lorenzo, fu come volare, con gli autobus, sempre con gli scatoloni, sporchissimi, noi e gli scatoloni, e gli zurighesi che ci guardavano con due occhi… E ogni volta che dovevamo scendere dall’autobus per cambiare, facevamo fermare tutto e ci mettevamo un secolo, tanto che così per colpa nostra gli autobus svizzeri arrivarono in ritardo. Finalmente, pensai. È arrivato il Marocco pensavo (e pensavano). E io ero felice. Fu massacrante, e quando fummo a casa, Lorenzo propose di andare a nuotare. E per me fu un colpo, cioè feci un salto, perché il mio cervello non riusciva neanche a pensarlo, e io non riuscivo neanche a dirlo, e le mie gambe non volevano proprio saperne, per cui non so come ci andai, ma alla fine ci andai, e lì successe qualcosa.

Scoprii che sul tetto della piscina di Zurigo puoi stare nudo, e guardi la città dall’alto con la gente che passa, perché ci sono abituati i passanti, per loro è normale, ma per me quel viaggio, quelle emozioni e quel senso di libertà era nuovo. Poche ore prima dal finestrino guardavo passare l’Africa, e adesso ero lì, e c’ero arrivato io.