Arte

Picasso e le lampade marocchine


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Mi ha sempre stuzzicato l’idea di illuminare i quadri. Nei grandi quadri soprattutto, ci sono sempre punti da accendere. Figuriamoci quando sono esplicitamente rappresentate delle lampade… In Guernica per esempio c’è una lampada, anzi due, per cui ho chiesto a Giampaolo, che è quello che cura le musiche per questo progetto, di venire a casa mia e mettersi dietro la riproduzione in scala reale di Guernica e tenere la lampada con la mano, proprio nel punto dove è disegnata, per coprirla ma senza far vedere la mano.

Convengo sul fatto che il risultato è migliorabile… ma sotto sotto c’è qualcosa di geniale.
Il maestro (intendo Picasso, non Giampaolo) era originario di Malaga che dicono sia la città più africana di tutta la Spagna. Non so se sia vero, ma di sicuro Malaga guarda il Marocco dritto negli occhi, anche se pare che Picasso non ci sia mai stato. La sua avventura, soprattutto nella prima parte della sua carriera fu di carattere più intellettuale, il suo viaggio fu nella storia della pittura occidentale, cercò Parigi quindi, e Barcellona. Viaggiò pochissimo (perché andavano tutti da lui) e soltanto alla fine fu attratto dalla natura, ma era la natura mite della Provenza, non certo quella del Marocco.

Le ultime tele del maestro infatti parlano tutte del Mediterraneo, e lì in qualche modo, soprattutto a Vallauris in Costa Azzurra dove si ritirò assieme alla sua compagna molto più giovane, il suo stile si rasserenò. La sua potenza iconoclasta in parte si placò. Ma c’è un aneddoto che mi ha sempre colpito, a proposito di potenza, e di potenza abbinata alla figura di Picasso. Morì di mattina, a novantadue anni per una complicanza dovuta a una broncopolmonite, e la notte prima di morire si alzò per andare a porre un’ultima stesura di colore sulla tela a cui stava lavorando, come dire, non voglio perdere neanche un attimo, del tempo che mi è dato. Aveva troppo da dire.

Stiamo parlando di figure maestose, come Leni Riefenstahl, che ho imparato a conoscere da poco, anche se apparentemente non c’entra niente, la donna che girò Olympia, il film sulle Olimpiadi di Berlino del 1936, quelle di Jesse Owens, e vari film sull’alpinismo estremo, e che pare addirittura fosse stata amante di Hitler ma senza mai prendere la tessera del partito, e che morì a 102 anni, e per l’ultima volta si sposò a 100, e sempre a 100 realizzò il suo ultimo film. E barò sull’età, a 72 anni, per ottenere il brevetto di apnea. Faceva film sui fondali, e ho visto un’intervista in cui lei già centenaria mostra alla giornalista alcune immagini del suo film, indicando i punti precisi in cui alcuni fiori si dischiudono. E vederla muoversi con quella passione mi ha fatto venire in mente Picasso. Gente che ha troppo da dire.
Costretta in una vita sola.

Si potrebbe obiettare cosa c’entrino queste figure col Marocco… Col Marocco in sè e per sé, inteso come territorio, assolutamente niente, ma sono parenti strette quasi gemelle della voglia che ci spinge ad andare laggiù.