Diario di viaggio

Il silenzio ad Essaouira, la pace e poi la cameriera

La Medina di Essaouira è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco. Era la prima volta che facevo un viaggio da solo, anzi la seconda, ma mai così lungo e così lontano. E arrivai ad Essaouira che era già più di una settimana che non parlavo con nessuno. E ci fu un momento in cui mi sembrò di impazzire, cioè mi sembrò di non resistere più, che i miei pensieri fossero diventati talmente chiari nella mia testa che sentivo solo loro come se fossero parole, e dopo i primi giorni il mio pensiero era diventato un autentico dialogo. Ma per capirlo occorre stare almeno una settimana completamente da soli, senza rivolgere la parola a nessuno. Avrei avuto l’aereo tre o quattro giorni dopo, ma a un certo punto, di colpo, mi sembrò impossibile resistere tanto. Non ce la facevo più a stare da solo, e corsi in albergo. Mi buttai sul letto, mi strinsi la testa nelle mani, da sdraiato. In quell’attimo non sapevo dove andare, non avevo vie di fuga rispetto a me stesso. Fui costretto a rimanere lì, con me. E fu una prova, toccai il limite della sopportazione. Si ruppe qualcosa, o meglio superai qualcosa. Dopodiché mi calmai, mi sentii incredibilmente più tranquillo e leggero, capii che bastava lasciarsi trasportare, che la mia ansia era soltanto paura che le cose andassero male, ma come potevano andare male visto che non avevo nessuna prestazione da ottemperare…  in realtà non poteva succedere niente. Recuperai il contatto col mio respiro, e mi distesi. Mi ricordo che mi misi sul divano, con le gambe alzate, a rilassarmi. Poi dopo poco uscii dall’albergo, mi ributtai in strada, ma con più chiaro il fatto che aveva sempre più senso quel mio vagare. Cioè che quel mio vagare, significava lasciarsi andare, era la trasposizione fisica del mio lasciarmi andare. Divenni veramente e completamente una foglia al vento. Mi buttai, senza più resistenza, per i vicoli della Medina.

Cominciai a sentirmi quasi trascinare, da qualcosa che in fondo ero io, me stesso più autentico, senza vincoli, senza maschere, del resto lì non mi conosceva nessuno. E mi buttai verso il mare come un peschereccio, seguii i rumori, e ricominciai ad osservare i passanti, le persone, ma sempre meglio, semper più a fuoco, sempre più consapevole di essere una briciola nel mondo, inutile e importantissima.

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Credo che questo tipo di contatti con se stessi possano avvenire solo in determinate condizioni, che è quello che ti permette il viaggiare da solo. Mi misi seduto in un caffè e presi un the’ alla menta e la cameriera mi sorrise. E se avessi continuato a lasciarmi andare l’avrei accompagnata a casa e avrei sfidato le regole del Marocco, e del vivere civile, che ti impediscono di avvicinarti a una persona se non la conosci prima.